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Manifesto Mostra di Giuliana Consilvio

Giuliana Consilvio – Spazi Inattesi

a cura di Carol Morganti

Giuliana Consilvio vive con intensa partecipazione il suo tempo, restituendone con sguardo tutto peculiare il clima, le contraddizioni, le inquietudini.
La produzione della sua prima fase si colloca negli anni Settanta, costituendo la testimonianza di un’artista sensibile e attenta alla realtà circostante.
Gli anni Ottanta segnano una cesura per quanto concerne il linguaggio e le tecniche dell’artista. Il bisogno di un punto di convergenza tra grafica, pittura e scultura, arti praticate fino ad allora in parallelo, induce l’artista a inventare nuovi procedimenti, che trovano esito significativo nei “fogli-scultura”, concretizzati mediante il controllo diretto dell’intero processo di produzione, a partire dall’impasto della cellulosa. In questi nuovi lavori diventa centrale il tema dell’ambiente, nella duplice declinazione di urbano ed extraurbano, iconicamente accostati quali universi opposti ma in qualche modo complementari. L’utilizzo di procedimenti tecnici differenti consente all’artista di dare vita e sostanza poetica a tale dissonante rapporto.
Nei grandi “fogli-scultura” che si susseguono nel corso dell’ultimo ventennio, i segni della dimensione extraurbana della campagna sono sempre più circoscritti, fino a divenire piccolissimi frammenti talora visibili solo a un’analisi ravvicinata, mentre nell’ultima produzione le vestigia della contemporaneità, in totale assenza della figura umana, vanno a occupare l’intera superficie dell’opera, fino ad annullare ogni altra voce, resti di una civiltà scomparsa, tracce d’esistenza.
Se ciò che preside la genesi di questi lavori è la ferma volontà di denunciare la sistematica devastazione dell’ambiente operata dall’uomo, l’esito che ne sortisce è di natura prettamente visionaria. In ciascuno di questi fogli, dai margini irregolari, in qualche caso gualciti, di sagoma e grandezza di volta in volta differente, sembra di scorgere infatti un reperto, un relitto appartenente a un mondo che ormai non esiste più. Mentre ciò che vi è impresso – con il rilievo, con il colore, con il segno grafico – viene a spalancare degli spazi inattesi, a rivelare inedite armonie, andando a delineare come delle utopie; termine quest’ultimo che, non a caso, viene utilizzato dall’artista per denominare alcune di queste opere.

(estratto del testo critico di Carol Morganti)